martedì, ottobre 24, 2006

L' unico vero amico ....

... è il solo che non ti abbandona mai nel momento del bisogno !
Possiamo star quì ore e ore a scrivere tante belle cose sull' amicizia ... ma la realtà è tutta un' altra cosa !

Si , è vero ... fondamentalmente siamo tutti amici basta che non ci pestiamo i piedi ( o perlomeno senza farci troppo male ) e che godiamo assieme di qualche momento che ci accomuna in interessi e/o piaceri.

Tante nobili parole ... tanti buoni propositi ... ma alla fine solo LUI il nostro migliore amico può comprenderci ed aiutarci nel momento del bisogno !

Non tanto tempo fà mi sono trovato in una situazione critica .... e voi tutti ( amici ) dove eravate ? ... non era la prima volta che mi capitava ma stavo veramente male ... un dolore lancinante mi percorreva tutto il corpo , ero piegato su me stesso e respiravo con fatica !

La mia unica fortuna ... ( l' ho capito poi ) era che il mio migliore amico era presente e mi incitava :

- Dai resisti , non preoccuparti vedrai che presto passerà tutto ! Hai già vissuto momenti peggiori e sei sempre riuscito a cavartela ! Hai rischiato la vita in mare ... in montagna ... non puoi mollare adesso !

FORZA ! -

A stento riuscivo a sentire dentro di me le sue parole ... il dolore mi bloccava anche la percezione dei suoni , ma il significato della sua presenza era chiaro !

Io ero in difficoltà ... e Lui mi incitava e faceva di tutto per aiutarmi in quei momenti terribili !

Sentivo la sua forza pian piano invadere il mio corpo e ... non sò nemmeno io cosa successe , ma nel giro di pochi minuti il dolore svanì e cominciai a riprendermi !

Dopo qualche minuto fui in grado di alzarmi in piedi ... era un miracolo ! Feci due passi e di fronte a me , riflesso nello specchio c' era Lui ... il mio migliore amico , l' unico che nel momento del bisogno era presente ! Ci guardammo negli occhi solo pochi secondi ... lui non parlava e io nemmeno ! Lo sguardo era il solo linguaggio ammesso in quei terribili momenti e ad un certo punto nei suoi occhi riuscì a leggere ...
- Bravo !
ci sei riuscito anche stavolta ...sono fiero di te ! , ma ora forse è meglio che tiri lo sciacquone perchè l' aria comincia a diventare irrespirabile ! -

NICOLA

Io e Nicola siamo stati amici per la pelle fino all'età di 6 anni. Eravamo nati a pochi mesi di distanza l'uno dall'altra e le nostre mamme,a loro volta, erano amiche da sempre.Eravamo amici ancor prima di sapere cosa fosse l'amicizia. Da neonati, dormivamo assieme, sotto la copertina di lana a quadri colorati fatta da sua nonna: dormivamo vicini, ci tenevamo caldi e ci facevamo compagnia. E ci dava sicurezza la certezza di svegliarci e ritrovarci l'uno accanto all'altra: una presenza morbida, un sorriso sdentato che ci aiutava a non sentirci abbandonati in quel mondo così misterioso, sconosciuto. Non appena siamo stati in grado di mangiare da soli, stavamo seduti sul seggiolone l'uno di fianco all'altra e ci imboccavamo a vicenda: all'inizio difficilmente le cucchiaiate di pappa raggiungevano sane e salve la bocca dell'amico e questo creava un po' di frustrazioni in tutti e due, ma pian piano le cose migliorarono ed era una soddisfazione enorme il sorriso dell'amico con la pancia piena, soprattutto perché consapevoli di aver partecipato attivamente a questa soddisfazione. Al mare, potevano lasciarci per ore da soli sotto l'ombrellone e noi giocavamo con niente: la nostra passione era il gioco del dottore ed a turno ci tiravamo giù il costume, per farci un'improbabile puntura sul sedere col dito indice. Ai miei occhi, Nicola era l'amico perfetto: non gli mancava nulla, nonostante non riuscisse a starmi dietro quando correvo,nonostante inciampasse su un muretto che io saltavo con molta agilità e nonostante facesse capricci esagerati per avere tutto quello che avevo io: fosse un gelato, fosse un gioco, fosse una coccola da parte di un adulto. Di sicuro c'era qualcosa che ci distingueva ed era evidente agli occhi adulti, ma ai miei occhi, Nicola era uguale a me e gli volevo bene incondizionatamente.Un mattino d'inverno dei primi anni '80 sentii squillare il telefono di casa e mia madre rispondere: 'Come? Veramente? Nicola?'. Ricordo come se fosse oggi questa frase e ricordo di essere corsa da lei per chiedere: 'Cos'é successo a Nicola?' come se già sapessi che qualcosa non andava, che un filo si fosse spezzato: 'No, hai capito male! Parlavo di Nicoletta, una bambina che non conosci: si é sentita poco bene'. Non fui convinta di quella risposta allora e ancor meno mi convinse due giorni dopo, quando, seduta in sala a giocare davanti all'albero di Natale,sentii mia madre e mio padre salutarmi prima di uscire e chiesi loro: 'Dove andate?'. Mi risposero: 'A comprare gli addobbi' ed io mi voltai perplessa verso l'albero già addobbato davanti a me, domandandomi quali altri addobbi servisse comprare, con un albero già così colorato e vivace. Quel giorno mi sentii più sola del solito: nonostante altre volte fossi stata senza i miei genitori, nonostante fosse Natale ed in casa ci fosse quell'atmosfera particolare tipica di quella stagione dell'anno, dentro di me sentivo qualcosa di strano che non sapevo spiegarmi.Non so dire quando mi sia stata raccontata la verità, quando ho saputo che Nicola era morto perché affetto da una malattia rara ancora oggi incurabile. A quel punto, probabilmente, avevo già metabolizzato la sua assenza da un po' e da sola. Oggi, quando mi raccontano quanto fosse evidente che Nicola fosse malato, diverso da me, con capacità motorie e cognitive limitate, mi é ancora difficile crederci: per me, lui era l'amico. Se penso all'amicizia,nella mia infanzia, vedo ancora Nicola con i suoi sopracciglioni scuri e lo sguardo buono che mi sorride.

lunedì, ottobre 23, 2006

Salviamo l’amicizia

Amicizia è trasparenza, è amore incondizionato, affinità, sintonia, comprensione, sostegno reciproco, scambio, confronto di esperienze e idee.
Credo profondamente in questo sentimento, penso che ne abbiamo bisogno, che al mondo abbiamo tanti potenziali amici e non voglio smettere mai di cercarli, anche se non è facile riconoscerli.
Ognuno di loro può aiutarmi a conoscermi, a non sentirmi sola , a superare avversità, ostacoli, dubbi, a condividere esperienze , gioie, tormenti, passioni.
Ogni amico ci può far scoprire una nuova prospettiva e fa emergere una parte specifica della nostra identità, e più ci sentiamo a nostro agio, più l’amico è in sintonia con noi, più ci è caro.
E’ un sentimento puro e duraturo e ha un valore inestimabile.
Tuttavia, l’amicizia può essere ostacolata o indebolita e può definitivamente rompersi se viene intaccata e logorata dai suoi più temibili nemici.
E’ difficile stabilire la linea di confine tra un’ amicizia pura e una contaminata, ma dovremmo cercare di non trascurare anche il minimo sintomo per salvarla.

Ma quali sono questi nemici?

Quelli che esaminerò sono a mio parere alcuni tra i principali.

A) L’EGOISMO: l’egoista cronico è colui che è sempre concentrato su se stesso, sui propri bisogni, sul proprio stato d’animo, non si preoccupa per gli altri né agisce per il loro bene. Quando sta male è insofferente e burbero, quando sta bene non vuole seccature e pretende che anche gli altri siano sulla medesima frequenza.
A volte si assumono atteggiamenti egoistici inconsapevolmente e non si fa niente per correggerli, anzi si pretende di essere capiti senza dare spiegazioni, senza comunicare. Questi atteggiamenti minano l’amicizia e se troppo frequenti creano profonde fratture che portano alla rottura. Non ci si rende conto che così il male non si fa solo agli altri ma anche a se stessi, perché in questo modo si rischia di trovarsi soli, gretti e incompresi. Non sono certo queste le cose che ci fanno star bene nella vita.

B) L’INVIDIA: l’invidia nasce dall’insoddisfazione di sé e dei propri averi, da un mancato successo o dal non essersi realizzati e fa vedere gli altri come immeritevoli e fortunati, si vorrebbero avere i beni che gli altri hanno o si sono guadagnati, si desiderano i traguardi a cui gli altri sono arrivati senza riconoscerne le doti, i sacrifici, le predisposizioni individuali e le abilità che si sviluppano e incrementano con il tempo e la volontà. Quando si riconoscono delle doti o dei meriti in un amico, lo si dovrebbe incoraggiare e non avvilire o aggredire, essere contenti per lui, gratificarlo e complimentarsi.
Siamo tutti diversi, ognuno è unico e specifico e deve volersi bene per quello che è. In questo modo attirerà amore sincero e si predisporrà all’amicizia

C) LA CATTIVERIA: La cattiveria è devastante, disintegra ogni legane puro e ne crea altri artificiosi e superficiali. Volutamente o inconsapevolmente si cerca di ferire l’altro colpendolo nel punto debole così ci si sente più forti, intoccabili e superiori. Laddove si creino alleanze si riesce a distruggere una persona e il suo valore, ci si trova davanti a vere e proprie associazioni a delinquere.
Se si è avvelenati da questo male cerchiamo di combatterlo e correggere i brutti pensieri, perché il male che facciamo agli altri potrà ritorcersi su di noi.

D) LA POSSESSIVITA’: Nessuno dovrebbe pretendere di monopolizzare un’altra persona, chiunque essa sia, il libero arbitrio è un nostro diritto. Si può cercare di conquistare la stima la fiducia, l’amore, il rispetto di qualcuno, ma non si può diventarne il padrone. Se l’amicizia è autentica si fonda sulla fiducia reciproca e sulla verità per cui è sbagliato un eccesso di attaccamento che opprime e soffoca chi ha bisogno di sviluppare la propria identità e conoscere se stesso attraverso il confronto e la comunicazione.

E) L’ATTRAZIONE FISICA: Può capitare che tra due amici subentri l’attrazione fisica. In questo caso si dovrebbe valutare se si può affrontare un’ interazione più profonda e quali sarebbero le conseguenze. Se da un’amicizia vera nasce un amore deve restare tale e il rispetto deve essere sempre presente. L’amore è un’ evoluzione più complessa dell’amicizia che comporta una maggiore intimità e cooperazione, ma l’uno non deve escludere l’altra anzi, l’amore dovrebbe consolidare l’amicizia anziché ucciderla.
Laddove non sia possibile questa trasformazione non si dovrebbe permettere che una vera amicizia possa essere intaccata da pensieri indegni e dannosi.

F) LA FALSITA’: Ci sono degli attori bravissimi che pensano di poter recitare anche la parte del buon amico, ma un vero amico non recita mai! Questo tipo di legame è caratterizzato da incoerenza, superficialità, mancanza di chiarezza e di dialogo costruttivo. Presto o tardi se uno dei due è onesto e sincero fiuta nell’aria qualcosa di stonato che lo mette in guardia: comportamenti scorretti, bugie, mancanza di rispetto e inganno. Non può esistere un’amicizia laddove non ci sia trasparenza, fiducia, rispetto, questo legame non è autentico e non avrà lunga vita.

G) IL PREGIUDIZIO: La nostra mente è condizionata da un’infinità di preconcetti che ci hanno imposto o che abbiamo assorbito vivendo in un determinato luogo e periodo storico. Questi condizionamenti ci impongono dei comportamenti predefiniti e degli atteggiamenti che possono frenare o inibire la nascita o l’instaurarsi di un legame aperto e genuino. Minano continuamente l’amicizia e non permettono la libera espressività, la continuità di un confronto con chi può capirci, aiutarci a crescere, a migliorarci, a star meglio e a far stare meglio chi ci sta a cuore. Cerchiamo di liberarci da troppi schemi agendo sempre per il bene degli altri e non soffochiamo un sentimento puro come l’amicizia sporcandolo con turbamenti e malintesi dovuti a pensieri distorti e contaminati.

La mia non vuole certo essere una dimostrazione di saggezza o di esemplarità, tanto meno una provocazione verso chi legge, dopo tutti siamo tutti umani, ma un invito a riflettere e a un’autoanalisi in nome dell’amicizia.
Grazie a tutti gli amici che mi hanno ispirato e grazie a chi è riuscito a leggere con attenzione fino in fondo.

IL COMPITO IN CLASSE.

Leggendo il titolo dell’argomento su cui dovevamo scambiarci le nostre interpretazioni, per un attimo, ho sentito lo stesso groppone allo stomaco che provavo alle elementari, quando le maestre si ostinavano a darci dei temi esistenziali (amicizia, rapporti con i genitori etc), mentre noi non avevamo ancora voglia di farci le seghe mentali per analizzare quei sentimenti ancora troppo istintivi perché potessero essere sezionati fino alla nausea.
Da allora tempo n’è passato ma, nel parlare d’amicizia, ho avuto la tentazione di rifugiarmi in una storia inventata, come facevo allora, dove la mia migliore amica era solo mia, sempre per me e che, ovviamente, mi adorava.
Il punto è che io non ho mai inteso così l’amicizia, però leggendo gli altri temi mi sentivo diversa, sola, perché non amavo le costrizioni, molte già da allora volute dalla televisione (Candy Candy ha mietuto una marea di vittime), dalla società o semplicemente da quelli a te più cari.
Così sono passata anch’io dalle soffocanti amicizie preadolescenziali a quelle più allegre e numerose dell’adolescenza vera e propria; a tutt’oggi quelle persone sono un punto focale della mia crescita e della mia esistenza, anche se non ci vediamo quasi mai ho imparato a spogliare questo sentimento dai tanti fronzoli che “doveva” avere per essere definita autentica amicizia.
Poi è arrivata la maturità, con tutte le responsabilità della vita, dove cerchi di fare il punto sui valori fondamentali della vita, dove cerchi definizioni concrete ai sentimenti che, per loro natura di concreto non hanno niente, e così mi sono persa… finché ho deciso di sottrarre al significato di Amicizia quello che ritenevo in più: niente costrizioni, niente bugie niente giudizi e critiche negative, nessun cartellino da timbrare e, di contro, la mia disponibilità a rassicurare le amiche più insicure che la mia presenza è immancabile e costante perché non tutti abbiamo la stessa visione dei sentimenti.Ora se mi ripresentassero quel tema dovrei inventare tanti particolari inesistenti per prendere la sufficienza, però poiché è con voi che sto dialogando vi dirò che per me è rimasto il profondo e gioviale piacere di una presenza,di una chiacchierata senza implicazioni di sorta, a volte anche una passeggiata ti può legare a qualcuno. Per me è quest’essenza di amicizia che mi suscita gioia, e mi auguro possa fare lo stesso con chi mi sta accanto da poco o da tanto in questo cammino di vita.

domenica, ottobre 22, 2006

E io mi domandavo se i pesci dormivano nel letto

Io quando ero più piccolo facevo il campeggio. Ci andavo con mia mamma e mia sorella, perché mio papà non ci veniva con noi, che non viveva più in casa nostra. Mi ricordo che mi dovevo svegliare presto perché passava il treno. Alla stazione ci dovevamo andare a piedi, perché nel motorino di mia mamma non ci stavamo in tre. Che poi c'erano anche le valigie, e quelle non erano mica leggere. Nel treno faceva sempre caldo e a volte c'era il sole che bruciava gli occhi. Per fortuna c'era la tenda, ma se la chiudevi tutta c'era buio, quindi bisognava fare un po' e un po'. Quello era un treno lento, che mi chiedevo sempre perché non ne prendevamo un altro, e ci voleva tutta una mattina per arrivare a Macomer. A Macomer c'era il pullman e quello ci portava fino a Bosa. Mia mamma mi diceva sempre che il pullman ci aspettava e io mi sono sempre creduto che mia mamma conosceva quello che guidava il pullman, ma forse mi prendeva in giro perché una volta il pullman non ci ha aspettato mica.
A Bosa era bello, perché passavamo sul ponte stretto stretto che il pullman quasi non ci passava e i signori che camminavano a piedi si mettevano girati per non farsi schiacciare i piedi. Dal ponte si vedeva la casa di zia Agnese. E si vedeva anche zia Agnese che ci aspettava sempre affacciata al balcone e quando vedeva il pullman lo salutava con la mano. Ma forse lei lo faceva con tutti i pullman, solo che negli altri io non c'ero e non la potevo vedere. Che poi io di quel balcone c'avevo paura perché sembrava rotto e ogni volta che mi affacciavo mi girava la testa, non lo so perché. Mi ricordo che zia Agnese comprava sempre le angurie giganti quando venivamo noi, e io ne mangiavo un sacco e ne volevo altra anche quando era finita. Però zia Agnese la sapeva solo comprare l'anguria, perché a tagliarla ci riusciva solo zio Domenico. Era bello mio zio Domenico. Aveva gli occhi celesti e uno era storto, che sembrava che ti guardava sempre l'orecchio, però lui faceva il pescatore e questo a me mi piaceva. Io volevo sempre andare sulla sua barca, ma mi diceva che ero ancora piccolo. Che poi non lo so se ci andavo davvero, perché loro si alzavano alle quattro del mattino. Io nemmeno lo sapevo com'erano le quattro del mattino, però mi credevo che andavano così presto per catturare i pesci quando erano addormentati. E io mi domandavo se i pesci dormivano nel letto. Che poi lui non prendeva proprio i pesci, ma pescava le aragoste. Io c'avevo paura delle aragoste perché erano brutte e sembravano i mostri. Che poi io i mostri non ce li avevo mai visti, però pensavo che potevano essere come le aragoste. Allora non le mangiavo. Però forse ero un po' stupido.
Poi un giorno veniva zio Delio e ci portava al mare. Dormivamo nella sua tenda che era marrone e grande. Il posto dove andavamo era “S'abba druche”. Che poi io non lo sapevo mica che “S'abba druche” voleva dire “L'acqua dolce”. E forse non me ne importava mica niente. Quando arrivavamo c'era mia zia Rita con i figli che erano già al mare, tutti neri abbronzati, e lei sorrideva sempre quando ci vedeva arrivare. Io credo che sono molto amiche lei e mia mamma, anche se sono cugine. Io volevo sempre fare il bagno appena ero arrivato, ma mia mamma c'aveva sempre da dire di no. Non lo so perché, ma tanto poi mia zia Rita la convinceva e io il bagno me lo facevo lo stesso. Bisognava scendere i gradini di terra per andare nella spiaggia, perché la tenda era più in alto. Mio zio Delio la metteva sempre nello stesso posto, la tenda marrone. E anche tutti quegli altri che conoscevamo la mettevano nello stesso posto, ma non quello di mio zio Delio. Ma le tende non erano attaccate e c'erano i passaggi, che noi le chiamavamo le strade e gli davamo pure i nomi, ma adesso non me li ricordo mica più. E poi dietro c'era la montagna che sembrava che non si poteva arrivare fino a sopra, ma una volta ci sono arrivato fino a sopra, insieme agli altri. Però me lo ricordo che da sopra si vedeva il campeggio. Si vedeva la tenda marrone di mio zio Delio ma era piccola e io non lo so se c'era qualcuno dentro quando era così piccola. E poi si vedeva il mare. E si vedevano le barche piccole piccole e lontane lontane. Un signore che c'era lì sopra perché era venuto con noi mi aveva detto che più lontano di tutto c'era l'orizzonte. Mi diceva che l'orizzonte era la linea dritta dove finiva il mare e incominciava il cielo. Io non lo sapevo mica che il mare finiva. E poi lui diceva che era dritta, ma a me mi sembrava un po' storta però. Lui mi diceva che era perché la terra era tonda. Allora io guardavo per terra ma non mi sembrava tonda, però mi stavo zitto perché lui era un signore grande. Quando scendevamo poi eravamo tutti stanchi, ma quel signore dell'orizzonte era il più stanco di tutti. Io pensavo che era perché diceva le bugie, ma non lo dicevo a nessuno però.
Mio zio Delio poi era il sindaco del campeggio. Ma era un sindaco per finta, però tutti lo cercavano quando c'avevano bisogno. Io non lo so perché era lui il sindaco. Forse perché pescava i ricci. Forse perché beveva molto vino e lo invitavano sempre tutti a bere il vino. Una volta me lo ha fatto assaggiare il vino, mio zio Delio. Lui mi ha detto di non dirlo a mia mamma e io non gliel'ho detto. Però il vino era buono. Di notte eravamo tutti nella tenda di mio zio Delio e di mia zia Rita. C'erano le stanze nella tenda, che erano marroni però più chiare. Nella stanza che dormivo io c'erano anche mia mamma e mia sorella. Mi ricordo che a volte c'avevo paura perché c'era il vento. E quando pioveva e facevano i tuoni avevo paura più di tutto, perché sembrava che un gigante stava prendendo la tenda con la mano per strapparla via. Ma poi mi hanno detto che i giganti non esistono, però c'erano le capre. Di mattina sentivo sempre le campane delle capre, perché c'era il pastore che le portava dentro il campeggio. E quando uscivamo fuori c'era la cacca a pallini e allora capivamo che erano le capre. Il signore che faceva il pastore era un signore vecchio. Mio zio Delio lo conosceva e allora qualche volta ci portava il latte delle sue capre che se lo bevevi poi non c'avevi più fame fino alla merenda. Una volta quel signore mi ha fatto lottare con il suo caprone perché io dicevo di essere più forte. Però non ho mica vinto. Era più forte il caprone.
Di mattina era presto quando ci alzavamo, perché nella tenda era caldo e perché noi bambini volevamo andare a correre. Andavamo sempre nella spiaggetta di zio Delio. Che poi non lo so se era la sua, ma però tutti dicevamo così per mandar via gli altri. Era piccola quella spiaggia e c'era l'acqua bassa, perché sotto l'acqua c'era la roccia liscia. Però c'erano i ricci e una volta mi hanno punto perché non avevo messo i sandali e mia mamma mi ha tolto le spine con le pinzette. Però era bello perché sembrava che camminavi sull'acqua. Quando finiva la roccia c'era l'acqua alta che era scura e faceva paura. Mio zio Delio mi diceva sempre di non andarci, ma lui ci andava e quando tornava aveva pescato i ricci. Una volta li abbiamo usati per combattere, i ricci, ma era solo la buccia, perché erano già mangiati. Li tiravamo addosso a quelli dell'altra spiaggia che venivano a scocciare. Meno male che non lo hanno detto ai grandi.
Un giorno sono andato sulla spiaggia a giocare e ho bisticciato con uno. Non me lo ricordo perché abbiamo bisticciato, ma sua mamma ci ha separati e ci ha detto di fare pace e noi l'abbiamo fatta. Da quel giorno abbiamo giocato sempre insieme e io lo chiamavo AmicoNemico perché avevamo litigato ma poi avevamo fatto pace. E anche lui mi chiamava così. Quando era di sera andavo nella sua tenda e chiedevo alla mamma se poteva venire con me nella mia tenda, ma lei a volte non voleva. Ma quando voleva andavamo sulla spiaggia di nascosto per guardare il sole che tuffava nell'acqua e le onde alte. A volte andavamo anche a correre nelle rocce che tanto avevamo i sandali di plastica, ma era pericoloso lo stesso. Forse se non era pericoloso non lo facevamo. Alcuni altri bambini erano caduti e si erano fatti male, al ginocchio o alla faccia. Io solo alle mani, una volta, ma poco. I grandi non volevano che andavamo sulle rocce a correre. Forse se volevano non lo facevamo.
Poi lui doveva partire e io ero triste. Dovevo restare ancora lì due settimane e lì mi piaceva, però se lui non c'era mi piaceva un po' meno. Forse lui era di Roma, mi sembra. Io pensavo che veniva l'anno prossimo, ma non c'era. Però io l'ho aspettato. Anche l'anno prossimo ancora.

L'ho rivisto dopo quattro anni, forse cinque. L'ho riconosciuto quasi subito, ma per salutarci e riconoscerci ufficialmente abbiamo titubato un po'. Ricordo che abbiamo parlato molto degli avvenimenti degli ultimi anni. In breve, ci siamo raccontati, cosa che non avevamo fatto quattro anni prima. Siamo tornati a sederci sulla spiaggia al tramonto, sperando in una bella mareggiata. A correre sulle rocce però non ci siamo andati. Forse in quei quattro o cinque anni qualche cosa l'avevamo imparata.
Siamo rimasti insieme solo qualche giorno, perché quell'anno sono tornato a casa prima del solito. Quella è stata l'ultima volta che l'ho visto e che ci ho parlato.

Non so se lui si ricordi ancora di me, dopotutto sono passati vent'anni. Sono però certo che tra altri vent'anni sentirò ancora di essere il suo AmicoNemico.

E questo è tutto quanto avevo da dire su questa storia.

sabato, ottobre 21, 2006

AMICIZIA SECONDO MARCO

Amicizia, una parola che non si capisce leggendo il dizionario, o facendo ricerche su internet, ma la si capisce vivendo.
Il suo significato non cambia, ciò che cambia, secondo me, è la nostra capacità di viverla.
Nessun secondo fine, nessuna malizia, nessun'altro scopo se non quello di una crescita spirituale.
Chi sono i miei amici? Sono tutte quelle persone con le quali mi trovo bene, con i quali, trascorro delle ore felici e che mi aiutano a dimenticare i problemi, gravi o semplici che siano. E' un piacere incontrarli e condividere anche poche ore quando è possibile. Non importa se si hanno diverse passioni, lavori o stipendi.
Personalmente, non credo che debba essere di vecchia data per essere buona, sicuramente ci vuole del tempo per consolidarla. Quelle di vecchia data, ovviamente, hanno il vantaggio di avere convissuto più esperienze. E neppure devono essere per sempre.
Ricordo, da militare, quante belle amicizie ho stretto, brevi ma che mi hanno aiutato a non rendere inutile quell'anno così noioso. Ricordo ancora Carletto, saranno quindici anni che non lo vedo, ma è sempre li nella mia mente.
L'ultima amica, si chiama Marta, la conosco solo da due anni, non di più, perché di anni ne ha solo due. Purtroppo non parla molto, per ovvi motivi, ma mi fa divertire tanto. Chissà se in futuro saremo ancora amici, chi lo sa, lo scopriremo vivendo.

Sapori dal pianeta Terra

Acciughe fritte
Agnello ai pistacchi
Amaretti

Nessuna ricetta alla voce Amicizia


Chiudo il ricettario e decido di dare spazio alla mia fantasia;
L’aria che dalla finestra entra in casa carica del profumo di terra bagnata mi illumina.
In una terrina abbastanza capiente versate: 100 gr d’amore, 2 spicchi di comprensione, una bustina di sincerità e una spolverata di allegria. Amalgamate il tutto con energia, quando avete finito con questa operazione aggiustate di sale e senza frapporre indugi, portate immediatamente in tavola. E’ una ricetta piuttosto facile, basta crederci e non entrare in crisi nei passaggi delicati. Non esistono regole precise per realizzarla, basta essere quello che sei, senza paura di essere giudicato e senza giudicare.
E’ dal cuore che parte tutto, dalla possibilità che ci dà di amare in modi e forme diverse, in silenzio e anche a grandi distanze, semplicemente ascoltandolo senza farsi troppe domande.
L’amicizia è una forma d’amore, di rispetto reciproco che può durare anni, mesi, ma anche solo una sera o un attimo, è quella sensazione di benessere che si prova a mescolarsi e fondersi in un unica dimensione con una o più persone con la quale si è vissuti o anche semplicemente appena incontrati, che ci rende piu’ forti, piu’ sicuri e consapevoli che non esiste una sola verità.
E’ quella forza che persiste anche quando realizziamo che il tempo cambia molte cose nella vita, ma ciò che è stato rimarrà per sempre.
Quel che sarà dipenderà solo dalla nostra volontà di aprirci al mondo e di mutare con esso senza volere a tutti i costi fermare il tempo e rimpiangere la vita passata.
Credo che il segreto "per la buona riuscita della ricetta" stia nell’accettare che ognuno di noi nella propria evoluzione sia alla spietata ricerca della propria identità e del senso profondo della propria esistenza... in fondo che male c'e' a vivere.
Un Buon Appetito speciale lo auguro ai miei amici di vecchia data, ricordandogli che occupano un posto importante in fondo al mio cuore e ringraziandoli per aver contribuito a fare di me la persona che sono.

venerdì, ottobre 20, 2006

Cruciverba



A llora cosa mi racconti ?

M olte cose, tra qualche mese diventerò mamma

I n generale tutto bene

C asa, lavoro, studio, ecografie

I n chiesa vado poco

Z ero tempo

I nsomma non mi lamento

A presto!

giovedì, ottobre 19, 2006

Scorci di vita

Spesso si dice: “ chi trova un amico trova un tesoro”,… ah, quanto aveva ragione colui che l’ha detto per la prima volta! Eh si, perché un amico è proprio un tesoro, una cosa rara.
Eppure la parola amico ricorre spesso nei discorsi della gente… ma la usano tutti in modo corretto? Probabilmente no, infatti di frequente questo termine viene usato anche solo nei confronti di persone che si conoscono appena o che si frequentano ma solo in modo superficiale. Forse quelle persone in realtà non hanno degli amici veri, quelli con la A maiuscola, quelli per cui vale veramente la pena dire: “questo è un mio amico”.
Un tempo… non tanto lontano, frequentavo giornalmente un gruppo di persone, tutte con personalità differenti, ma tutte con qualità speciali. Certo, ognuno aveva anche dei difetti, ma questi venivano accettati come parte della persona. In quel periodo il nostro legame era diventato quasi morboso tanto che sembravamo indissolubili. Tra di noi c’era un affetto incondizionato, spesso si discuteva e a volte si litigava pure ma, come per magia, ogni volta con la sincerità tutto veniva dimenticato senza rancori. Certo non con tutti c’era lo stesso rapporto, infatti a pochi riuscivo a confidare i miei pensieri più profondi, ma per tutti nutrivo un affetto sincero. Con coloro che ritenevo i miei amici più cari, mi ritrovavo a chiacchierare per ore e magari anche a chiedere consigli su problemi personali sapendo che le loro risposte erano sempre sincere. Ero fiera di loro e di poter stare con loro e se per caso qualcuno di questi veniva criticato da un estraneo mi sentivo ferita quasi come se la critica l’avessero fatta a me. Tra di noi c’era proprio un amore fraterno tanto grande che il nostro sogno per il futuro era di vivere tutti insieme in una grande casa.
Ah… che begli amici!!
Ma tutto cambia…
Oggi il nostro sogno è un po’ diverso, infatti col passare del tempo oltre l’età aumentano anche i problemi, le preoccupazioni, i pensieri e purtroppo i nostri rapporti si sono un po’ modificati. I nostri incontri sono molto più radi, siamo meno pazienti, più permalosi e più diffidenti gli uni con gli altri. Spesso, distratti dalla nostra vita, non ci accorgiamo dei reciproci stati d’animo e altre volte gli diamo per scontati. E così capita che certe parole vengano fraintese. Tutto diventa più complicato. Siamo sempre noi ma in un certo senso non lo siamo più. E così si arriva a dare un diverso significato alla parola amicizia.
Se prima era quasi indispensabile avere un contatto giornaliero, ora è più importante essere sempre disponibili quando ci viene chiesto aiuto.
E’ molto importante saper ascoltare e soprattutto dimostrare il nostro affetto e sensibilità cercando di perdonare e giustificare quelle piccole mancanze dovute ai numerosi problemi della vita quotidiana. L’amicizia è un sentimento molto speciale e raro ma a volte, purtroppo, lo dimentichiamo.

La Piazza

Questa mattina camminando lungo i corridoi che dal mio ufficio portano alla mensa, mi sono attardato un po’ lasciando qualche passo fra me ed i miei colleghi, con i quali subito dopo avrei diviso il tavolo per il pranzo. Ognuno di loro discuteva con il compagno che gli camminava di fianco. Chi non parlava fingeva di ascoltare l’altro aspettando unicamente il proprio turno per prendere parola. Io piu’ indietro ascoltavo da solo i loro discorsi.
Mi è parso a un tratto di essere lo spettatore invisibile di un improbabile mercato arabo: Mercanti infervorati urlavano promuovendo la magnificenza della propria mercanzia in una piazza gremita stranamente solo da venditori. Nessuno pareva accorgersi della totale assenza di avventori; scambiavano probabilmente gli altri mercanti per possibili clienti.
Tutti insomma fragorosamente impegnati nei loro discorsi disinteressati per un proprio tornaconto.
Onestamente anch’io sono troppo spesso venditore ignorante che non acquista nulla e con molta probabilità non venderà niente. Questa mattina pero’, distante da loro solo di qualche mattonella, ho ripensato a un posto dove nessuno compra e nessuno vende, ci si regala e lo si fa incondizionatamente.
E’ un posto dove non ci si inventa diversi, dove si ride di cuore, dove le passioni corrono veloci sul treno della fantasia: un solo vagone e pochi posti a sedere.
Qualche volta e’ un posto che non trovi proprio quando ne avresti bisogno, ti sforzi ma e’ un punto invisibile in una mappa di follia. Perche’ sempre piu’ folle è la vita, difficile da vivere ma soprattutto da condividere.
Altre volte è invece un luogo che si presenta inaspettatamente, lo ritrovi dietro le porte dell'aeroporto, in un ristorante, in una casa in campagna, dietro a un telefono, davanti a una bottiglia di Costera, dentro a un computer.
E’ un posto che per me c’e’ sempre e se un giorno dovessi non trovarci nessuno resterò fiducioso ad aspettare, seduto sereno in quella panchina di Piazza Amicizia.

martedì, ottobre 17, 2006

Giorno dopo giorno

Per dire la verità ho un po’ le idee confuse sull’argomento amicizia.
Forse quando si era un po’ più giovani si avevano meno pensieri e soprattutto meno priorità di cui tener conto quindi, almeno nella mia esperienza personale, si poteva dare all’amicizia ampio respiro direi soprattutto in termini di tempo. Questo a sua volta comportava il crearsi di interessi comuni i quali facevano si che tutti noi ci sprofondassimo con anima e corpo dando così una forte solidità alla cosiddetta amicizia.
Mi viene quindi in mente una domanda: “Ma che cosa è cambiato?” la risposta probabilmente è: ”Non è cambiato nulla e molto è cambiato”
Cosi il tempo è passato e siamo diventati grandi e se prima eravamo convinti di essere gli invincibili amici, beh è ora di ricrederci? No! Forse si è fatta un po’ di confusione tra vivere esperienze comuni e l’essere amici, così a causa di una forte possessività che faceva parte del nostro stare uniti e al cambiare delle abitudini quotidiane di ciascuno di noi, si crede ora di aver perso qualcosa di più grande di quello che è sempre stato, ma che nonostante tutto per me è comunque AMICIZIA. Essere amici non vuol dire passare tanto tempo assieme ma vuol dire rispettarsi nelle idee e nell’operato cercare di essere nel limite del possibile più sensibili e sinceri cosi che la forza dell’amicizia cresca e maturi come siamo cresciuti noi!
“Dimentichiamoci di aver perso il sole e non piangiamo, in modo tale che le lacrime non ci impediscano di vedere la luna.”

(Quest’ultima frase non è mia ma rende l’idea)

Candy Candy

L’AMICIZIA
Il termine deriva dal latino “amare”, da cui “amicus”.
Forse è un titolo troppo banale e scontato?
Dipende dai punti di vista.
Secondo il mio no! Anche perché ho sempre cercato di dargli un peso e un valore importante .
Ma poi ci sono mai riuscita?
Forse si, forse no!
L’idea di inserire questo titolo nel blog è nata durante una cena in una casa in campagna con poco più di 12 persone. Ma non persone qualunque. Le persone che frequento più o meno sempre.
Le ho osservate bene ed ho pensato: “Questi sono i miei amici?!”
Ho sorriso tra me e ho pensato sono tutti diversi e particolari ma come fanno a stare assieme così bene e in allegria (forse il Costera??).
Ma effettivamente AMICO, piccola parola composta da sole 5 lettere, che significato ha?
In teoria una piccola parola che però dovrebbe racchiudere un significato molto, ma molto più grande? Ma in pratica?
Sembra facile capire quando puoi considerare una persona un AMICO.
Ma effettivamente è davvero FACILE?
Presumo che ognuno di noi abbia un concetto ben preciso del significato della parola.
Da piccola ho avuto sempre l’idea un pochino “FANTASTICA” della migliore amica.
Per un esigenza naturale o forse per l’incapacità di stare da sola.
O semplicemente solo perché ho guardato troppe puntate di Heidi e di Candy Candy.
Ho sempre pensato che l’amicizia sia un sentimento importante, indispensabile.
Un rapporto alla pari non legato dal bisogno ma dal piacere di stare insieme, dal rispetto e la stima reciproca in totale libertà.
La libertà di essere noi stessi senza vincoli.
Saper vivere in amicizia ci aiuta sicuramente a vivere meglio la vita sociale, e a condividere delle esperienze a rapportarci e a confrontarci con gli altri.
Della serie: “Chi trova un amico trova un tesoro?”
Anche il cane è il miglior amico dell’uomo. Allora perché abbandoniamo i cani?
Gli amici possono essere tanti o come si dice: pochi ma buoni?
“L’amico è qualcosa che più c’è ne meglio è ….” come recita una nota canzone”.
Ci sono diverse forme di amicizia - il mondo è o non è bello perché è vario.
Si deve solo aver voglia di avere degli amici, guardarci attorno e non pensare solo a noi stessi.
Penso che la risposta sia tutto sommato facile: basta avere rispetto delle persone che ci circondano, renderci disponibili nel momento del bisogno ed essere liberi di esserlo in modo disinteressato.
Ma allora mi chiedo chissà se anche io sono mai riuscita ad essere una buona AMICA.

domenica, ottobre 15, 2006

L'AMICIZIA

So benissimo che non è facile.
Scommetto che ci riusciremo anche questa volta.
Buon lavoro e buon divertimento a tutti.

venerdì, ottobre 13, 2006

Colazione da Eli

Mi riaffiora alla mente il ricordo di un viaggio, fatto nel novembre scorso con mio marito in un isola dell'oceano indiano. Un paradiso terrestre dove tutto sembra quasi fermo e la vita scorre lenta, quasi a volerti far apprezzare a pieno ogni istante.
Ed è così che è andata:
Mi svegliavo molto presto, quando ancora tutto taceva, sapendo che ad attendermi ci sarebbe stato, oltre all'aria frizzante mattutina, il loro cinguettio; quello di una miriade di uccelletti che volazzando da una palma ad un altra attiravano la mia attenzione cercando un contatto, fino quasi a toccarmi.
Studiavano i miei movimenti come io studiavo i loro. Cercavo di muovermi lentamente per non spaventarli e far finire quel bel momento.
Ogni giorno, apparecchiavo la tavola fuori per la colazione: delle fette di pane tostato e del caffè americano.
- Andre è pronto!
Nel frattempo mi prendevo cura di loro sbriciolando sul pavimento il pane duro della sera prima. In breve tempo, il verde del prato di fronte alla casetta in cui alloggiavamo, diventava un contrasto di colori : rosso, blu, giallo, bianco. Miliardi di piume di uccelli, grandi e piccoli.
Da prima si aggrappavano con le loro zampettine sul bordo di un secchio d'acqua fresca posto ai piedi della verandina, sorseggiando di tanto in tanto da quella fonte di vita, per poi prendere un pò di coraggio e saltellare sul pavimento a beccare e a spezzettare la loro razione quotidiana di quel cibo, giocando nel vento leggero carico di libertà.
Divenne un rito per me questo incontro; gesti semplici, che contribuirono a riempire non solo il loro corpicino, ma anche la mia anima, procurandomi una gioia immensa per una semplice colazione a "pane e acqua".

giovedì, ottobre 12, 2006

Buon compleanno OooJenny !!!

OooooooJenny... sono ancora in tempo per la colazione che mi volevi offrire stamattina? :)
Felice compleanno amica!

Riflessioni...

Uffh... che palle! Non riesco ad appisolarmi.
Da quando il mio padrone si è messo in testa di scrivere (pratica alquanto strana di voi umani) devo sorbirmi i suoi pensieri!
E’ una settimana che scrive e parla ad alta voce... e devo dire che un po’ mi ha incuriosito!
Pare stia scrivendo qualcosa sul pane e l’acqua... eh eh... sono sicuro che è ben preparato sull’argomento!
Infatti nella mia ciotola non manca mai un pezzo di pane e della buon acqua fresca!
Certo, non capisco perché lui e la sua compagna si privino di questa bontà e preferiscano darla a me... Forse mi vogliono troppo bene? Beh... credo proprio di si!
Pensate, mi danno il pane duro quasi ogni giorno, perché è senza ombra di dubbio il migliore da rosicchiare, e loro si tengono solo alcuni pezzetti non ancora stagionati! Se non è amore questo, ditemi voi!
Ad esser sincero non posso lamentarmi: i miei padroni mi trattano molto bene, ogni tanto mi portano con loro, e dopo delle stupende passeggiate ci fermiamo a mangiare in riva ad un ruscello. Sicuramente lo fanno per me in modo che io possa bere tutta l’acqua che voglio.
Non appena mi sdraio per riposarmi di fianco al mio padrone, ecco che lui tira fuori il solito pezzo di pane duro che ha portato apposta per me!
Vorrei ringraziarlo... ma purtroppo non so parlare. Ogni tanto cerco di fargli capire che se lui vuole il mio pane, sarei disposto a darglielo e magari farei lo scambio col suo ridicolo panino pieno di companatico!
Purtroppo, solitamente, lo mangia talmente in fretta e di nascosto, che praticamente non riesco mai a concludere lo scambio! Anzi, se cerco di addentare il suo panino... lui si arrabbia perché vuole a tutti i costi che il pane duro sia per me l’unico e vero sapore per cui vale la pena vivere, e ovviamente non vuole che io mi abbassi ad addentare certe schifezze poco saporite!
Quando torniamo a casa poi... prima ancora di levarsi le scarpe o di andare a fare i suoi bisognini, corre subito a controllare se nella mia scodella è rimasta dell’acqua fresca, e se così non è... in un batter d’occhio provvede a riempirla!
Io vorrei che qualche volta si fermasse al mio fianco per bere insieme a me... ma lui pur di lasciarmi tutta quella bontà d’acqua... preferisce allontanarsi e guardarmi mentre mi rinfresco.
Pane e acqua, che bontà! Spero che il mio padrone riesca a scrivere e ad esprimere tutti i suoi pensieri sull’argomento... perché io purtroppo non posso aiutarlo.
In ogni caso, per tutta la mia vita lo ringrazierò per ogni tozzo di pane e scodella di acqua che vorrà donarmi... e fin d’ora sono orgoglioso di lui... anzi di loro!

Parola di Gastone! Bau!

Ora scusate, ma approfitto del momentaneo silenzio per schiacciare un pisolino e magari sognare il pezzo di pane duro... più grande che ci sia!

domenica, ottobre 08, 2006

La trasformazione

Pane e acqua due cose ben distinte, ma unite, nel pane, come una matriosca molecolare.
Apri il panino e ci trovi l'acqua dentro, be certo che no, lo sanno tutti.
Inoltre, come tutti sanno, con il passare dei giorni, il pane piano piano perde questa acqua e diventa duro, sempre più duro, fino a che non lo puoi mangiare più.
A questo punto scattano le incredibili invenzioni dei nostri avi. Prendi il pane lo inzuppi nel vino e riottieni un pane commestibile. Caspita il vino è fuori argomento, forse ne ho bevuto troppo a pranzo.
Pane inzuppato con il latte caldo, questa è veramente buona, sono d'accordo con il padre di Elisa. Non ho vissuto il tragico dopoguerra, ma il pane con il latte mi ricorda le colazioni che facevo da piccolo.
La più astuta secondo me è quella che in dialetto si chiama “poddi”.
Praticamente prendi il pane duro lo metti a mollo nell'acqua per un bel po di ore...
e poi...
lo mangi?
Neanche morto, lo dai alle galline questa è la furbata.
E tu cosa mangi?
Mangi il pane fresco e una bella coscia di gallina con il contorno di pomodori.
Nulla si crea nulla si distrugge ma tutto si modifica, ed ecco il nostro pane modificato in una gustosa coscia di gallina.
Vi do un consiglio non date solo “poddi” alle galline ci vuole anche un po di grano duro nella loro alimentazione.
Dimenticavo questo processo produce delle scorie olfattive non da poco, è per questo che mia madre ha smesso di allevarle e di produrre “PODDI”.
La natura è veramente strana, alimenti una gallina a pane e acqua e questa cresce e diventa la fonte migliore di proteine per l'uomo, e se vai a vedere bene non serve neppure ammazzarla basta mangiare i bianchi delle uova che produce.
Ma a questo punto il dubbio nasce spontaneo è nato prima l'uovo o la gallina?
Banale è nato prima l'uovo. Infatti, come tutti sanno, prima che l'uomo adattasse le galline ai propri gallinai queste erano uccelli normali e ancor prima detti uccelli erano dinosauri, cioè rettili. Che facevano le uova. Ergo è nato prima l'uovo delle galline.
Forse sto mangiando troppo pollo, ultimamente?

sabato, ottobre 07, 2006

+ ACQUA - PANE

È proprio vero il buon giorno di vede dal mattino.
E sapete come inizia il mio?
Il mio primo gesto del mattino è quello di bere un bel bicchiere d'ACQUA.
Proprio così, primeggia su tutto, anche prima di dare il bacino del buongiorno a mio marito e di guardare se fuori c'è il sole o piove!
La verità è che non riesco a gustarmi neanche una tazza di caffè se prima non ho bevuto un bel bicchiere d'acqua.
E continuerei a berne tanta, anche dopo che vado a lavoro, se non fosse per il fatto che ogni volta che vado in bagno squilla il telefonoooo!!!!
Il nostro corpo è o non è composto per circa il 70% da acqua?
Ebbene, il mio appena si sveglia me lo ricorda subito.
Non che io sia dispiaciuta del fatto che bere l'acqua al mattino, soprattutto a digiuno, sia un tocca sano per il mio corpo, tutt'altro ne vado molto orgogliosa.
Appena ho letto le due parole ho pensato tra le due quella che prediligo è sicuramente l'acqua.
In effetti senza l'acqua neanche lo steso PANE avrebbe modo di esistere.
L'acqua è presente in tutto.
Non posso dire di avere lo stesso rapporto con il pane, anche se lo adoro!
In primis per la mia fissazione della linea, purtroppo subentrata nel mio essere appena superati gli “enta”. Per cui ne mangio veramente poco anzi a volte quasi niente.
E quando vedo una persona, in evidente sovrappeso, penso: “MA QUANTO PANE MANGIA???”
Effettivamente tutto ciò mi porta a pensare a quanto siamo fortunati.
Possiamo scegliere se mangiare pane o no, se bere l'acqua frizzante o naturale, se fare la dieta dello yogurt, della zucchina del pompelmo e potrei continuare per ore.....
E già possiamo SCEGLIERE ed eventualmente buttare se non ci va o non ci piace.
Perché non riflettiamo un pochino, cerchiamo di essere più parsimoniosi, non lontano da noi ci sono tante persone che soffrono perché non hanno niente da mangiare e chissà cosa darebbero per avere tutti i giorni un bel po' di PANE e ACQUA.

venerdì, ottobre 06, 2006

PANE E LATTE

Pane e acqua. Nei ricordi di mio padre il pane era secco perché non si poteva comprare tutti i giorni e magari qualche volta lo si chiedeva alle famiglie più ricche, che invece l'avrebbero buttato via. Nei giorni di magra si poteva effettivamente abbinarlo all'acqua: l'acqua fortunatamente non mancava mai, ce n'era in abbondanza. Vicino a casa sua scorreva il fiume Brenta: amico quando si aveva sete, quando si cercava refrigerio o per giocare d'estate; nemico quando d'inverno si ingrossava troppo e diventava un pericolo per la sopravvivenza, per la casa. Se si era fortunati, invece dell'acqua, al pane si poteva abbinare il latte, ed era buonissimo! Ancora oggi, per mio padre, é un'emozione strana, quasi un rituale, una sera ogni tanto, per cena, mangiare pane e latte: probabilmente lo riporta indietro a quei giorni fortunati in cui il pane si poteva inzuppare ed ammorbidire in qualcosa di un po' più saporito e sostanzioso e in cui ci si sentiva quasi ricchi. Può sembrare che io stia parlando di secoli fa, eppure questo succedeva veramente meno di cinquant'anni.Effettivamente, se ancora adesso ci penso, anche per me il pane quando ho molta fame e l'acqua quando ho molta sete sono un'emozione ed una soddisfazione particolare, eppure mi resta comunque difficile immedesimarmi veramente in mio padre che é cresciuto a pane ed acqua. Però,ironicamente forse, in qualche modo, a pane ed acqua mi sembra di viverci anche oggi: un pane ed acqua diverso da quello di mio padre, un pane ed acqua emotivo, la sensazione di intrattenere rapporti essenziali, di non riuscire a vivere pienamente, l'impressione che troppo spesso nei rapporti umani tutto si limiti al minimo, all'essenziale, al superficiale,tutto serva per passare il tempo ma troppo poco lasci veramente il segno. E mi capita di chiedermi: é forse perché non ho realmente dovuto vivere a pane ed acqua che sento questo vuoto emotivo attorno a me?

L’Incapace

Sono seduto sul pavimento freddo.
Qui non ci sono sedie per me.
Consumo in silenzio e in solitudine questa cene fredda. Pane e Acqua, solo questo mi merito.
Mentre addento un tozzo di pane sollevo lo sguardo e la luce che penetra dalle finestra quasi mi acceca.
La luna lì fuori è più luminosa che mai.
Se non fossi stato costretto dalle forze di un destino a me avverso, mai sarei rimasto qui dentro, rinchiuso, come un cane che ha morso la mano del padrone e per questo è stato punito.
Quasi mi verrebbe voglia di ribellarmi, uscire, e una volta fuori allungare la mano al cielo e toccarla, lei enorme palla pallida che rischiara questa notte.
Ma non ho più forze.
Invece io sto qua.
Su di un pavimento freddo a consumare l’umile cena fatta solo di
Pane
e
Acqua.
Un sorso dal bicchiere e un altro morso al pane, fino a che tutto verrà consumato e, nella mia solitudine non rimarrò che io.
Sento il crocchiare della crosta cedere alla pressione dei miei denti e penso ai giorni felici di abbondanza e serenità.
Allora non conoscevo questa angoscia che mi serra così forte la gola e rende faticoso ogni mio respiro.
Oh, mia spensieratezza dove sei andata?
Oh, mia felicità dove sei?
Oh, fortuna perché mi hai abbandonato?


OH!!!! Cinzia la prossima volta che esci con le tue amiche senza aver preparato la cena, lasciami almeno le chiavi della macchina che vado a comprarmi una pizza!

ESAME DI COSCIENZA !

Sarebbe opportuno un approfondimento di tipo storico-scientifico, filosofico e culturale per esprimere e impreziosire l’argomento.

A riguardo preferisco espormi in modo semplice, naturale come l’acqua che prediligo rigorosamente senza bollicine!

Siete avvisati andrò a trascurare tutti quei particolari interessantissimi, ricchi di nozioni che la mia superficie di conoscenze non ha… e alla grande mi esonero dal compito di ricerche notturne su libri e portale.

Con questo non voglio assolutamente sminuire l’argomento del redattore il quale con la sua mente non lucida né di giorno e né di notte ha dato voce alla mia presa di coscienza sul fatto che:
TRASCURO il pane a vantaggio del H2O.
La mia tavola è praticamente povera dell’ alimento PANE.

Leggo dalle vostre argomentazioni ciò che la mia mente negli anni ha dimenticato che “In un passato non lontassimo il pane era l’unica fonte di sostentamento per sopravvivere“
Entro in crisi…
Se penso al fatto che le poche volte che lo compro non lo mangio ma lo butto, vengo divorata dai rimorsi del peccato spirituale.
Commetto doppio peccato: la mia tavola povera e anche TRISTE…
Il cestino portapane ospita la confezione dei crostini speziati o quelli in offerta con soli 0,01% di grassi (asciutti da far paura).
PECCATO! questa tavola rovinata da tanta pubblicità!
Ma questo è un altro “Argomento”.

TRAGEDIA ANNUNCIATA: ACQUA trionfa sul PANE.
Infatti vai a cisterne d’acqua durante il giorno, mantiene giovani, amica delle donne contro gli inestetismi cutanei ed adiposità della pelle (anche qui la pubbli la dice tutta sull’occhiolino strizza strizza… e poi fai molta PP).
Gonfia d’acqua e ansiosa per strada ogni ogni 200 mt spendo un “caffè” per un'oasi di toilette.

ESAGERATA? No no… vita vissuta!

In conclusione l’abbinamento dei due ALIMENTI rappresentano un segno di equilibrio al di là dei retroscena storici che nessuno di noi vorrebbe mai ripercorrere.
Io vedo nel PANE e nell’ACQUA un UNICO PREZIOSO INSCINDIBILE elemento di vita non accessorio…
D’ora in avanti grazie alla mente del profeta farò in modo che CONVIVANO dolcemente nelle mie abitudini.

Pane e acqua… l’essenziale

Ogni tanto dovremmo tornare là dove la semplicità delle cose ci porta nuovamente all’essenziale per riscoprire ciò che conta, tornare a mangiare e bere solo e semplicemente pane e acqua.
Ci sediamo a tavola e c’è di tutto. Come rinunciare? Magari i buoni propositi ci sono ma poi, un attimo, un solo secondo e siamo li ad abbuffarci, a riempire lo stomaco anche di cose superflue ma buone, apparentemente molto buone. Mangiamo di tutto e beviamo di tutto e continuiamo a mangiare e a bere giorno dopo giorno accompagnati sempre da un ingordigia ingiustificata, fino a che un bel di’ tutto ciò non sarà nemmeno più cosi buono e vorremo trovarlo ancora buono, ma ne avremo mangiato veramente troppo, avremo dimenticato il buon gusto e saremo diventati troppo grassi. Staremo male!
Fermiamoci e sperando che non sia troppo tardi, prendiamo un tozzo di pane e un po’ d’acqua un morso e un sorso per riscoprire quanto essi siano perfettamente l’essenziale, per provare ancora una volta il sapore delle cose buone.
Succederà ancora di perderci nella moltitudine dei sapori inutili ma allora forse avremmo la consapevolezza che la strada è là…
semplicemente Pane e Acqua!

giovedì, ottobre 05, 2006

Un volo pindarico

L'acqua è la fonte primaria di sostentamento per la stragrande maggioranza degli animali pluricellulari presenti sulla terra. E' una fonte naturale, teoricamente inesauribile, praticamente in esaurimento. È insapore, inodore, incolore.
Il pane è la fonte di sostentamento più importante, dopo l'acqua, per tutto il genere umano. E' una fonte derivata, neppure troppo semplicemente, dalla lavorazione di diversi elementi naturali, quali acqua, grano, sale. È saporitissimo, emana dei profumi fantastici in cottura, può assumere diverse colorazioni a seconda degli ingredienti, della preparazione, dei tempi di cottura. Ci sono voluti secoli di perfezionamento, fin dalla preistoria, quando gli uomini pestavano le ghiande per ottenere una farina da cui preparare un pane simile ad una focaccia, perché arrivassimo al pane che conosciamo oggi. Con l'introduzione della lievitazione da parte dei babilonesi, perfezionata poi dagli egizi. Con l'aggiunta di altri ingredienti, come il sale e l'olio, e l'istituzione dei primi forni da parte dei greci. Con l'opera di diffusione operata dai Romani, che probabilmente diedero i natali al pane che conosciamo oggi. Il periodo del Rinascimento diede poi l'ultima spinta così che il pane divenisse l'alimento più diffuso in tutti e tre i mondi. Beh... almeno nel primo e nel secondo.
Il pane e l'acqua insieme costituiscono gli alimenti convenzionalmente elevati a minimo pasto utile al sostentamento di un essere umano. Anche di un cane, in effetti. Figuriamoci poi di un topo. L'espressione “a pane e acqua” è universalmente conosciuta e riconosciuta; la pratica del cibarsi di questi due soli alimenti viene sovente assegnata come tortura o punizione, scelta come penitenza, usata come mezzo per l'elevazione dello spirito. In tutti i casi comunque, l'alimentarsi con i soli pane ed acqua è definito come un sacrificio. Tranne che per Pannella; per lui il sacrificio sono un caffè e una pasta la mattina a colazione.
Il pane inoltre, in quanto alimento dipendente dalla disponibilità delle materie prime che lo compongono, ha attraversato le diverse epoche adattandosi alle necessità degli uomini. Quelle alimentari perlomeno. Così nel medioevo la povera gente era costretta a preparare il pane con l'orzo e il farro, perché non potevano certo permettersi il costosissimo frumento. Spesso la mancanza di alimenti non è stata globale, bensì localizzata ad alcune regioni; il pane originario di Perugia viene preparato senza l'uso del sale a causa del fatto che, per un lungo periodo di tempo, nella Perugia medioevale ci fu un aumento vertiginoso delle imposte sul sale, che causarono alla fine una rivolta della popolazione (passata alla storia come Guerra del Sale), sedata dalle truppe del pontefice Paolo III, il quale, a seguito di questa guerra, diede inizio alla costruzione della splendida Rocca Paolina.
Oggi siamo abituati all'abbondanza di ogni bene. Ci lamentiamo se al supermercato non troviamo almeno due marche diverse di farina, perché siamo convinti sia nostro inviolabile diritto scegliere quella che riteniamo, a torto o a ragione, la migliore, per poi renderci conto che puzza di topo morto e ne porta lo stesso sapore. Però che diamine, l'abbiamo scelta noi.
Ma cosa succederebbe se domani venisse a mancare uno degli ingredienti? E se ne mancasse più d'uno? Meglio ancora, cosa accadrebbe se non potessimo cuocere (e quindi cucinare) più nulla?
Lo so, sembra un'eventualità impossibile, eppure la storia ci insegna che le cose impossibili tendono a smentire la loro natura più spesso di quanto non crediamo. Personalmente avrei ritenuto impossibile vedere una mortadella al governo, ma tant'è.
Il clima mondiale sta cambiando. Alcune specie animali sono in via d'estinzione, altre sono già estinte. Anche la flora subisce il cambiamento senza apparenti lamentele; certo, da una begonia gigante del Brasile non ci si aspetta mica una manifestazione di piazza. Dallo strato di permafrost in assottigliamento si stanno liberando le sacche di metano imprigionate da centinaia di migliaia di anni, incrementando l'effetto serra che ne provoca la liberazione, alimentando così un circolo vizioso che, nel peggiore dei casi, cambierà radicalmente la composizione della nostra atmosfera. Anche le profondità marine hanno il loro simpatico strato di permafrost, che conserva sacche di metano e mantiene stabili le placche continentali; un suo assottigliamento potrebbe provocare immani catastrofi. Ma l'uomo generalmente non è lungimirante e vede ben poco al di là del suo spazio vitale; l'importante è poter uscire di casa, prendere la propria automobile, recarsi al proprio ristorante preferito e ordinare una bella bistecca al sangue, ma che provenga da allevamenti biologici per carità!
Chissà, forse un domani ci renderà felici la semplice consapevolezza che al pranzo della domenica verrà servita una razione abbondante di pane e acqua, ma è un domani che mi auguro di non arrivare a conoscere.

martedì, ottobre 03, 2006

Punti di Vista


A pane e acqua. Pratica e spiritualità del digiuno. Il digiuno (sia come astensione che come regolata consumazione degli alimenti di breve, media o lunga durata) può avere scopi intellettuali (Socrate e Platone lo facevano per potenziare la funzionalità cerebrale), ideologici (Pannella), terapeutici e spirituali (Gandhi).
Antonio Gentili. Prezzo di copertina: Euro 13,00

Ho vissuto a Pane e acqua. Non importa: ho dimostrato che prostituirsi non e’ necessario
Tratto da un’intervista a un transessuale

Iraq: torture, pane e acqua per 17 giorni. Nuove accuse di violenze nel rapporto del Pentagono.
(ANSA) - NEW YORK, 16 Giugno

Pane e acqua ? Solo dopo le 18:00.
Il Ramadan in Marocco…

A “PANE E ACQUA”. Inascoltati gli allarmi, siamo al collasso dei servizi di ristorazione.
Il CdA dell’Università di Salerno, nella seduta del 17 novembre ...

No! Niente di tutto questo e’ il mio Pane e Acqua.

All’età di 10 dieci anni avevo già una definizione precisa di pane e acqua e, badate bene, questo non per esperienza diretta.
In tutta onestà non credo di sapere il perchè o il percome si sia delineata, con estrema ricchezza di dettagli, un’immagine che nella mia mente coincideva appunto con pane e acqua. Queste due parole erano per me allora una vera e propria formula evocativa di una figura apparentemente angosciante: una ciotola in ferrosmalto di colore rosso, punteggiata qua e la da macchie di ruggine, contenente qualche pagnotta gonfiata dall’acqua, posta al centro di una piccola stanza simile ad una cella di isolamento in un vecchio carcere. I due metri quadrati della piccola stanza illuminati da un’unica apertura sul soffitto che rifletteva una griglia su uno dei muri e quella sudicia ciotola rappresentavano per me la semplice constatazione che pur di non mangiare una simile schifezza avrei sostenuto un digiuno ad oltranza.
Stranamente tutto ciò non aveva nulla a che vedere con l’inquietudine che l’angusto ambiente poteva suggerire.
Per anni pane e acqua si sintetizzò quindi nella mia mente con la parola “digiuno”.
Ora posso sostenere con ferma convinzione che pane e acqua siano una forma di sostentamento sopportabile anche per svariati giorni. Qualcuno di voi, a questo punto, starà ovviamente pensando che il mio limite di tolleranza alle avversità sia salito, oppure che le mie papille gustative abbiano, nel corso del tempo, aumentato la capacità di adattarsi a nuovi sapori. Ne l’uno ne l’altro. Nel corso della mia vita nessuna necessità o vicissitudine mi ha costretto a cambiare i miei gusti e il confronto fra me e il pane e acqua rimane ancora oggi puramente immaginario.
So solo che ad un certo punto la rappresentazione che avevo in principio è svanita e so pure perché! Si è dissolta perché il “paneeacqua” ha smesso di essere una cosa sola e si è trasformata in due distinti elementi ingeribili in maniera separata.
Quale sia esattamente la causa scatenante non lo so invece. Sono crollati i muri di una cella, la ciotola è svanita, l’acqua è dentro una bottiglia, il pane è asciutto e vivo in un mondo troppo complicato, popolato di superfluo, e tante volte avrei semplicemente bisogno solo e soltanto di un po’ di pane e acqua.

domenica, ottobre 01, 2006

Pane e Acqua

Qualsiasi cosa vi venga in mente che possa essere collegato al titolo va bene.
Vediamo quanto riusciamo ad andare alla deriva